un saggio del 1880 di Carmelo Sciuto Patti sull'ubicazione dell'antica città a cura di Giambattista Condorelli
Tolomeo nella sua Geografia, fra le città mediterranee della Sicilia, indica, fra Centuripe e l'Etna, la città di Dimetus, che correttamente va letta Symaetus(1). Plinio fra le altre genti dell'interno dell'Isola nota più chiaramente i Symaetii(2). Il preciso sito di questa città è stato però sin ora vagamente ricercato. D’altro canto il silenzio tenuto da tutt'altri scrittori, che degli antichi popoli della Sicilia trattarono, ne ha quasi messo in forse l’esistenza. Cluverio, nella sua Sicilia Antiqua, in un passo ove il luogo non é dubbio, come nota il chiar. Adolfo Holm(3), con molto ardire suppone siavi corruzione riguardo il nome della città, Ameselon, che surse tra Agyrion e Kenturipa, come trascritto erroneamente per Symaetus, indicato da Tolomeo; e però la suppone impiantata nel sito ovo sta l’odierna Regalbuto. Carrera però, con più sano discernimento, su tale riguardo scrive: "Tocchiamo altre pertinenze del Simeto; questa voce oltre la significazione del fiume è nome ancora di un villaggio, i cui cittadini sono chiamati Symaetii, l’asserisce Plinio: Petrini, Paropini, Phintientes, Semelitani, Scheerini, Symaetii. Il Cluverio vuole che questo villaggio sia Racalbuto, terra presso Centuripe, valendosi di quel luogo della Historia di Diodoro nei frammenti del 22° libro: "Hyero Mylis vi expugnatis millequinquegentos milites in potestatem redegit, et confestim aliis quoque locis subactis Ameselum versus contedit, quod inter Centuripinos et Agyrinenses situm est" E giudica che la, parola Ameselum sia depravata invece di Symaetus; il che a me par cosa dura non vi essendo niuna conformità tra Symaetus ed Ameselum, vi aggiungo di più l’autorità di Tolomeo la quale porta Dimeto terra nei mediterranei, e questa dizione egli non giudica scorretta in loco di Simeto, nel che posso accordarmi con esso lui, ma non in quella che perciò "Simeto, terra, sia Reacalbuto per addursi mediterranea da Tolomeo, impercioché mi giova di credere che il villaggio Simeto sia stato nella contrada Simeto della quale poco prima trattammo, situato nel rilevato colle che sta quasi due miglia discosto dalla destra riva del fiume Simeto, e mancato il villaggio sia rimasto il nome alla contrada, né per questo io m’appongo a Tolomeo, percioché questo colle è due miglia rimoto dal mare, ragionevolmente dir si può mediterraneo; anzi è costume di Tolomeo di chiamare mediterranei quei luoghi di Sicilia che sono per poco spazio discosti dal mare(4). Il chiar. Abate Amico nel suo Lexicon Topographicum Siculum rapportando tutte le notizie ed opinioni di sopra esposte sulla considerazione che il sito indicato da Carrera è troppo vicino al mare, e discosto circa venti miglia da quello designato da Cluverio, non ardisce di indicare segnatamente il luogo(5). Il Parthey pone con segno dubitativo i Simaetii al confluente del fiume detto di Mazzarella, l’antico Erice, con quello di Gabella o di Canne ed alla distanza di XXIII miglia da Catania(6). Tra tanta divergenza di opinioni sul sito probabile di questa antica città di Sicilia il Carrera è il solo che abbia quasi colpito nel segno. Però la mancanza assoluta di antichi ruderi nel sito da esso designato, o nelle vicinanze di esso, che accennino ad una stabile dimora, è stata, a vero dire, la ragione potente di non essere stata accolta da nessuno la esistenza, nelle vicinanze del fiume Simeto, dell’antica città o terra dello stesso nome. Però una fortunata scoperta in questi giorni avveratasi, ha confermata a mio avviso non solo la esistenza di questa antica città, indicata da Tolomeo e da Plinio, ma ne ha pur anco accennato con maggiore precisione il sito ov’essa sorgea. Esso però non è precisamente quello designato da Carrera, ma non ne è né anco molto discosto. La comparsa in quest’inverno di una necropoli sulla destra sponda del fiume Simeto, sebbene fosse l’unico indizio che sin ora abbiamo, vale però molto ad additarci con precisione il sito ove quest’antica città era impiantata. Ciò credo non lasci verun dubbio, come dell’esistenza del sito ov’essa sorgeva. Gli scoscendimenti successivi della destra sponda del fiume, prodotti dalle straordinarie piene di quest’inverno, hanno posto allo scoverto un considerevole numero di sepolcri in terra cotta, con altre opere di arte, che le piene medesime hanno col successivo franamento delle terre travolto e distrutto: e tuttavia, come ho io stesso verificato, altri ne rimangono ancora visibili(7). Né rare sono state le idrie, i vasi cinerari, le lucerne e qualche antica moneta, che sono state raccolte dai villici(8). Stando alle relazioni di questi, il numero significante di sepolcri che sonosi, col successivo scoscendimento della sponda, manifestati, non lascia dubbio alcuno sulla estensione considerevole di questa necropoli, lo che non può altro che accertare l’esistenza in quel sito dell'antica città o terra di Symaetus. Questi sepolcri però osservansi impiantati ad una profondità di oltre a due metri dall’attuale superficie delle terre; lo che dimostra come gli avanzi di questa necropoli fossero da lungo tempo scomparsi sotto le successive colmate del fiume; al che devesi, con la totale scomparsa dei ruderi della preesistente città, la dimenticanza del sito preciso ov’essa sorgea. Il sito ove sonosi scoperti i cennati sepolcri è nel territorio di Catania, nella contrada denominata Passo Martino, indicata nella Carta dello Stato Maggiore con la denominazione generica di Passo Cavaliere, compresa fra il corso del fiume Simeto e quello del Gurnalonga, e precisamente nella tenuta o podere denominato Turrazza, di proprietà un tempo della Mensa Arcivescovile di Catania, posseduta oggi dal sig. Carmelo Porto. Il sito preciso è dai villici denominato Spedale e risponde a chilometri due e mezzo circa a valle del ponte detto di Passo Martino sulla linea Catania Siracusa, ed a chilometri due circa ad oriente della Stazione omonima. La denominazione del podere ove gli avanzi di questa necropoli sonosi scoperti anche a mio avviso di qualche importanza. La voce siciliana Turrazza non altrimenti suona che avanzi d'antica e grandiosa torre, o di altro edificio, considerevole per la grossezza dei muri, che dovette esistere nei tempi andati in quel luogo, il che accenna chiaro la esistenza in quel sito di qualche importante edificio. Un villaggio portante ancora il nome di Simeto noi troviamo alla fine del secolo undecimo nel sito in parola; talchè gli avanzi dell'antica città designata da Tolomeo e da Plinio, par che siano sino a quel secolo ancora esistenti. Un diploma di Tancredi, Conte di Siracusa, figlio di Guglielmo il normanno(9), portante la data dell’anno 1093(10) indica chiaramente il Casale Ximet come punto di confine dei latifondi che quel pietoso Conte donava alla chiesa di Catania. Quest’atto di donazione indica tutto quanto il territorio compreso fra il corso del fiume di Lentini, altrimenti detto di S. Leonardo, l’antico Terias, ed il Simeto, avente per confine ad oriente il mare e ad occidente la via che da Lentini in quel tempo conduceva a Paternò. Vasta estensione di terre posseduta in gran parte, sino a pochi anni or sono, dalla Mensa Vescovile di Catania. In questo documento al casale Simeto si dà la denominazione di Ximet o Simed(11); come al fiume Simeto quella di Magni Fluminis-Linheti-Muse dal saracenico Muse(12). L' autografo di questa donazione, giusta quanto ne scrive De Grossis(13), scritta in greco idioma, veniva tradotto in latino l'anno 1210, e conservasi nell'Archivio della Chiesa trascritto nel registro dell'anno 1381, fog. 107, sul cui dorso leggonsi le seguenti parole: Charta Tancredi filii Comitis Guillelmi nepotis Comitis Rogerii de dono terrarum, quas donavit Ecclesiae S. Agathae de Catania, a flumine magno usque ad fllumen et confinia Leontini, et ab eodem magno flumine usque ad praedictus flumen Leontini. Ecco quanto leggesi in questo Diploma: " Similiter donavi Ecclesiae totam terram et mare, quae est magni fluminis Catan. Linethi Muse usque ad flumen Leontini, ubi distendit ad mare, et deinde similiter incipit meta aelemosynae, quam feci Deo, ascendit rette et vadit per medietatem Pantani Leontini, et tendit ad casale Ximet, quod vetus casale est prope viam quae tendit Leontinum, deinde similiter a casali Simed et extendit a meta versus montana, et extenditur ad vallonem Lagani, scilicet ad illam Cavam quam Sarraceni vocant Chandec lagam(14)...„ Or secondo la riportata confinazione l’antico casale Ximet sarebbe corrisposto poco a sud del sito ove sonosi scoperti gli avanzi della necropoli succennata, e però non lungi dal sito designato da Carrera, il quale sarebbe l’estrema collina indicata nella Carta dello Stato Maggiore con la denominazione di Grotte. Ciò rende anche oltremodo chiaro, e conferma la locuzione di essere il cennato casale prossimo alla via che in quel tempo conducea a Lentini, la quale via risponderebbe alla odierna, detta di Passo Martino; la sola, al certo, in quei tempi transitabile fra il mare e la piana di Catania, impedendo di percorrerne altra i terreni paludosi, detti pantano di Catania, che fra essa ed il mare si frappongono. Inoltre l’aggettivo vetus, usato in quel diploma, dimostra chiaro l’antica esistenza di quel casale o borgata. Da questo documento quindi chiaro emerge l’esistenza, nel sito da noi indicato, alla fine del secolo XI, di un villaggio o casale portante ancora il nome di Simeto, succeduto all’antica città omonima. Il silenzio però tenuto da tutti gli scrittori relativamente agli antichi Symaetii c’induce a credere come la loro città esser dovette di poca o nissuna importanza. Questo popolo per nulla figura nelle antiche storie, e solo in Diodoro trovasi ricordo del Campo Simaetio furtivamente tolto dai Siracusani ai Catanesi amici. L’aere pestilenziale, che nella calda stagione vi si respira, o che tale pure esser dovea nell’evo antico, fu al certo la causa prima ed unica del poco sviluppo preso da questo popolo, nonostante la proverbiale ubertosità dei suoi campi. Questa e non altra fu parimente la cagione del lento decrescimento sino alla totale scomparsa della borgata che vi succedeva. Indi le colmate successive, prodotte dagli straripamenti del fiume, ne fecero del tutto, a poco a poco, disparire gli avanzi, e con essi la ricordanza del sito ov’essa esisteva. E’ solamente oggi che il franamento della sponda destra, per lo insenamento verso cui tendo in quel punto il corso del fiume, ce lo ha manifestato. Attentamente poi studiata la postura di questa antica città, chiaro rilevasi com’essa veniva impiantata, in origine, poco a monte del sito ove al presente confluisce il Gurnalonga, il quale nei tempi andati sembra non dubbio che corresse altrimenti(15). L’abbandonato letto porta ancora il nome di Gurnalungazza. Gli avanzi dell’antico ponte sul Gurnalonga, detto di S. Paolo, che l’Abate Amico nella note al Fazzello afferma, e poi nel Lexicon, correggendosi, dice di non essere mai esistiti, in questi ultimi anni con 1’escavazione del letto del fiume sonosi di già manifestati, e vi si osservano enormi massi di pietra calcarea, che ne attestano l’esistenza ed il sito. Questi ruderi sono al confine opposto della Tenuta Torrazza ov'essa confina col Gurnalonga. Questo antico ponte sembra di essere andato in rovina da molti secoli, dappoiché abbiamo che verso 1’anno 1389 il vescovo Simone del Pozzo faceva, costruire in quel sito un ponte di legno: "Pons illi finitimus tabulis trabibusque compaginatus; vulgo ponte di S. Paolo" DE GROSSIS, Cat. Sac p. 173. Questo ponte era sulla via Catania - Lentini e prendeva il nome dell’antica Chiesa di S. Paolo indicata nel diploma del conte Tancredi, ibi habetur una vetus Ecclesia. Lungo la via Lentini – Paternò, sul Dittaino, esisteva altro ponte indicato pure nel citato diploma "et tenet a via illa usque ad pontem Duedetayn, quem Cristiani vocant Pontem Ferri et Saraceni Bantaresarch". Il sito ove l'antica Symaetus sorgeva, misura la distanza di chilometri sei dalla spiaggia del mare, il che induceva Tolomeo ad annoverarla fra le città mediterranee dell’Isola. Lo stabilimento di una città in tale sito, che risponderebbe allo imbocco dei vasti campi Leontini o Laestrigonii, sulla via Catania - Lentini, e nel confluente di due fiumi, sarebbe stato in quei tempi, in quanto all’agricoltura, della più grande importanza. Nulla quindi di strano che fosse colà surta, nell’epoca romana, una stazione o colonia agricola, la quale avrebbe fatto assumere ai suoi abitanti il nome di Symaetii, come Plinio li chiama, ed alla loro città o stabilimento, quello di Symaetus, indicato da Tolomeo, dal fiume sullo cui sponde veniva impiantata. Colonia che lungi di progredire, come si è detto, per la malaria che vi predomina, veniva, man mano scemando, sino a scomparire affatto nei secoli posteriori al mille. Sarebbe veramente di grande utilità per la geografia antica di Sicilia, mercé opportuni discavi accertarne la esistenza, quantunque la materiale struttura dei cennati sepolcri e gli oggetti rinvenuti non lascino dubbio alcuno, per l'epoca che segnano, di appartenere alla antica Symaetus(16). Catania, giugno 1880 CARMELO SCIUTO PATTI R. Ispettore degli Scavi e Monumenti di Catania(1) Ptolomeus Dimetum inter Centuripes et Aetnam locat, sed corruptum esse vocabulum a genuino Symaetus docet Cluverius – Amico Lexicon Topogr. Siculum. Vedi Symaetus Oppidum. (2) C. PLINII SECONDI, Nat. Hist., lib. IV, cap. VIII (3) Della Geografia Antica di ADOLF HOLM. Prima versione italiana dall’originale tedesco di P.M. Latino. Pal. 1871, p. 20 (4) Memorie Historiche della città di Catania. Tom. I, p. 218 (5) "… Sed hic situs ab eo, quem Ptolomeus designat, procul XX saltem pass. M. Abest; descernere idcirco signanter locum non ausim" AMICO, op. cit. vedi Symaetus Oppidum. (6) Siciliae antique tabula emendata – Autore G. PARTHEY, Berlino 1834, 20 p. in 8. ed una carta. Questa carta è stata pure accettata dal Brunet de Presle. (7) La notizia della comparsa di questi sepolcri la devo all’egregio Prof. Sac. Francesco Sorge, il quale ebbe pure la cortesia di accompagnarmi nella visita da me fattavi. (8) I cennati oggetti sono andati tutti dispersi, né mi è stato possibile rintracciarne alcuno. (9) "Tancredi Willelmi Ferrabrachii filius, Syracusarum Comes" – Vedi AMICO, Catana illustr. Pars. II, p. 19 ad annum 1093. (10) Pirro e De Grossis segnano l’anno 1105. (11) CARRERA, op. citata, Tomo I, p. 208, XIII (12) "Quem Musen Saracenico vocabolo dicit AMICO, Catania Illustrata …" medietatem magni fluminis Catan. quod aliquibus Symaetii, nonnullis Linethi, plerisque Lineti Muse, nomine nuncupatum legimus – DE GROSSIS, Catana Sacra, 1654, p. 61 – Huelmuse etiam alibi dicitur, et flumen Paternionis, ubi Iarrecta quae scapha est homines alveo trajiciens – AMICO, Catania illustrata, Par. II, p. 20 in nota. (13) Opera citata, pag. 61.
(14) Questo diploma è riportato per esteso da DE GROSSIS, Catana Sacra, pag. 61, 62.
(15) Stando a quello che ne scrive l'Amico, sino all’anno 1620, il Gurnalonga, passando pel ponte detto di S. Agata, metteva foce direttamente in mare. Lexicon Top. Sic. Vedi Gurnalonga.
(16) Il Regio Governo ha già disposto che in quel sito venisse effettuato qualche discavo per accertarne l’esistenza. 128 anni dopo Il testo su trascritto è pressoché dimenticato e disponibile in poche biblioteche pubbliche, tra cui la Zelantea di Acireale ed è questo il motivo per cui SicilAntica lo mette a disposizione del pubblico. Anche quello che fu il villaggio di Symaetus è ormai dimenticato e viene raramente citato nella letteratura specializzata. La sua presunta ubicazione è ben nota a quanti hanno l’abitudine di osservare con attenzione le carte stradali al 200.000 del Touring Club Italiano, in quanto tale eccellente associazione prese l’abitudine, a partire dagli ultimi anni ’50, di riportare sulle proprie carte un sito con l’indicazione "Necropoli di Symaetus" e tale abitudine ancora persiste nell’ultima edizione, nonostante che nessuno, nel corso del XX secolo, abbia mai potuto visitare tale sito. Il punto indicato dal T.C.I. corrisponde a quanto si intuisce dalla descrizione di Carmelo Sciuto Patti (Catania 1829 – 1898), ingegnere ed architetto, ma si riferisce solo alla necropoli, mentre il nostro autore distingue tra la posizione di quest’ultima e quella dell’abitato. Come si vede dallo stralcio cartografico allegato (I.G.M. in scala 1:100.000 aggiornata al 1955), nonostante i sette decenni trascorsi, molti toponimi sono ancora al loro posto e ci aiutano nel’identificazione di due siti. Il trasferimento di dati dalla carta del 1955 a quelle odierne è ancora più facile. Nello stralcio cartografico sopra riportato sono sottolineati in giallo alcuni toponimi presenti nello scritto di Sciuto Patti, in verde l’attuale, ma dal tracciato antichissimo, rotabile per Lentini e in rosso i presunti siti della necropoli e dell’abitato. Il reticolo ivi tracciato ha una interdistanza di 10 chilometri. Per quanto attiene la localizzazione della Necropoli, la tenuta o podere Turrazza diventata nel 1955 Contrada Torrazza. Tale denominazione non compare più nelle carte al 50.000 e al 25.000 edite nell’anno 1972. Il toponimo Spedale non esiste più, ma la Stazione di Passo Martino esiste ancora e l’omonimo ponte, sulla linea ferroviaria Catania – Siracusa, nuovissimo nel 1880, non solo è sempre lì, ma addirittura è ancora in servizio. Esiste infine una Masseria Porto, sicuramente degli eredi del sig. Carmelo Porto. Circa l’ubicazione dell’abitato di Symaetus, poi Casale Ximet, non si dovrebbe errare nell’identificare "l'estrema collina indicata nella Carta dello Stato Maggiore con la denominazione di Grotte", con quella chiamata nel 1955, e ancora oggi Grotte S. Giorgio, con l’omonima Masseria sita ad un chilometro circa dalla rotabile per Lentini. Quanto a cercare qualche reperto sul posto, ogni speranza dovrebbe essere vana. Per quanto attiene la necropoli, già Sciuto Patti riferiva di avere potuto vedere quasi nulla perché i luoghi erano stati sconvolti dai movimenti naturali del letto del fiume Simeto, durante le piene occorse ai suoi tempi. Per di più il corso del medesimo fiume è stato sensibilmente rettificato mediante importanti lavori svolti dalla metà degli anni ’50 alla fine degli anni ’60 ed è ben noto che l’imprenditore che vinse la gara di appalto rese più redditizio il lavoro che si era aggiudicato acquistando i terreni limitrofi, prevalentemente paludosi, e rendendoli idonei alla coltivazione, riportando sulla loro superficie il fango asportato dagli escavatori per creare il nuovo letto del fiume. Buoni ultimi, di recente, la costruzione della Tangenziale di Catania e lo svincolo per l’autostrada Catania – Siracusa. Parimenti sconvolta è la collina su cui sorge Masseria Grotte S. Giorgio, dove è nata una cava, dove sono stati impiantati degli agrumeti, con conseguente profondo rivoltamento del terreno e dove sta per passare il primo tratto della predetta autostrada. Tra l’altro, non di città doveva trattarsi ma di un modesto villaggio, non certo dotato di opere murarie tali da vincere il trascorrere dei millenni. Non rimane che ricordarci di questa presenza, per mera completezza storica, in quando Sciuto Patti è senz’altro persona degna di fede. Un punto debole rimane però nella sua relazione. Perché gli abitanti di Symaetus avrebbero dovuto attraversare il Fiume Gornalunga ogni volta che necessitava una sepoltura? Catania, settembre 2008 Giambattista Condorelli
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